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venerdì 18 gennaio 2019

L'albero di Ricciolidoro.


Ricciolidoro era una bambina fortunata, perché viveva in una stazione ferroviaria.


Ricciolidoro con Papà Capotreno e Mamma Crostata. Disegno di Elena, III D.
Il disegno di Francesca (III D).




I nostri lapbook: 



I suoi migliori amici erano una papera, un micino, un ragno con sette zampe e i pesciolini rossi che vivevano nella fontana che Papà Capotreno aveva costruito per lei, con le sue mani.
In quella stazioncina tutto era scintillante e funzionava a meraviglia, tanto che molti passeggeri non volevano poi salire sul treno che dovevano prendere: volevano rimanere lì a giocare a carte con Papà Capotreno, a ridere con Ricciolidoro e a mangiare i dolci profumati di cannella e vaniglia, che Mamma Crostata offriva a tutti i passeggeri.
Mamma Crostata era arrivata in quella stazioncina un lunedì, ma non come pasticcera, perché invece faceva la maestra. Inutile dire che quando vide Papà Capotreno capì subito che lui con i treni ci parlava. Li capiva da come sbuffavano… Sapeva chi arrivava assonnato, chi infreddolito, chi aveva fretta di ripartire e chi invece non voleva riprendere il viaggio. Non se ne andò più neanche Mamma Crostata, che si innamorò perdutamente di Papà Capotreno e rimase lì da quel lunedì. E così nacque Ricciolidoro, la bambina che non smetteva mai di ridere.
Ma Ricciolidoro non sapeva solo ridere: sapeva parlare con tutti gli animali. Certo la sua preferita era la papera che lei aveva chiamato Rossella. Si divertiva a camminare come lei e a starnazzare come lei, ma sapeva anche pigolare come i pulcini, gorgogliare come i tacchini, chicchiriare come i galli, paupulare come i pavoni, zigare come i conigli, crocchiare come le galline e potpottare come i furetti.
Insomma Ricciolidoro cresceva felice e diventò ancora più felice quando arrivò il suo primo Natale e Papà Capotreno piantò un albero nella stazioncina. Tutti gli uccelli si posavano sui suoi rami, il micino Lumicino si divertiva a salire e scendere dal suo tronco e i passeggeri amavano riposare alla sua ombra. La Papera Rossella fece anche di più: gli fece un uovo enorme e glielo diede, così le sue radici crebbero forti, tutti i frutti divennero maturi, e i rami si allargarono come braccia spalancate su tutta la stazioncina!
Adesso quell’albero è alto come un palazzo di sette piani e tutti a Sant’Agapito lo chiamano Il Gigante Settepiani.

Questa storia è quasi vera ed è ispirata ad una papera.
Ringrazio l’amica Rossella per avermela raccontata.