Nel
1913 Giulia Civita Franceschi assunse la direzione della Nave Asilo "Francesco Caracciolo",
una pirocorvetta donatadal Ministero della Marina alla città di Napoli e destinata al recupero dell'infanzia abbandonata.
La
"Caracciolo" fu destinata ad accogliere sia gli orfani dei
marittimi sia i fanciulli abbandonati di Napoli comunemente chiamati
"scugnizzi". Nell'arco di 15 anni - tra il 1913 e il 1928 –
la Nave Asilo accolse circa 750 bambini e ragazzi sottraendoli a una
condizione di abbandono e restituendoli a una vita sana, civile e
dignitosa. Tutto ciò fu opera soprattutto del genio pedagogico di
Giulia Civita, “la Montessori del mare”.
Il
corpo insegnante era composto da personale tecnico messo a
disposizione dalla Marina e da insegnanti nominati dal Comune di
Napoli.
Giulia Civita Franceschi avviò la sua opera nell'agosto del
1913 e alla fine di dicembre aveva accolto già 51 ragazzi.
Nell'aprile del 1921, per sua volontà, fu istituita la SPEM, Scuola
Pescatori e Marinaretti, alla quale due anni dopo lo Stato concesse
in gestione i laghi Fusaro e Mare Morto. Le
attività della SPEM iniziarono, tuttavia, solo nel 1923 a causa dei
grossi intralci da parte di privati che precedentemente sfruttavano i
laghi senza permesso. Nel 1925 la SPEM si fuse con l'Asilo Carlo van
Den Heuvel (istituito grazie al lascito della contessa Anna De Iorio,
vedova di Carlo van Den Heuvel) avviando, oltre alle attività legate
alla pesca nei laghi, la coltivazione della canna da zucchero, del
lino e di piante medicinali.
Giulia, direttrice del nuovo Ente
morale, sperava di poter realizzare un progetto maturato da tempo
nella sua mente: l'estensione alle bambine e alle ragazze abbandonate
– le “scugnizze” - dell'opera di accoglienza e recupero rivolta
fino ad allora esclusivamente ai maschi. Infatti, la SPEM prevedeva
la costruzione nella località di Miseno di un edificio destinato
alle bambine, ma l'iter per la sua realizzazione, pesantemente
ostacolato da interessi privati, ebbe un esito fallimentare.
L'originale
esperimento educativo definito "sistema Civita" richiamò
l'attenzione e l'ammirazione di studiosi, raccogliendo parole di
grande apprezzamento anche da parte di Maria Montessori
e
di numerosi studiosi italiani e stranieri che visitarono la nave in
quegli anni, restando entusiasti dei risultati. All'inizio degli anni
Venti una delegazione del governo giapponese visitò la "Caracciolo"
per trarne spunti da applicare nella riforma scolastica del proprio
Paese. Né mancarono i riconoscimenti ufficiali come la medaglia
d'oro ricevuta dal ministro dell'Istruzione Antonino Anile nel 1922
ed altre onorificenze.
Nonostante
l'ampio consenso, nel 1928 Franceschi fu estromessa dalla direzione
della "Caracciolo": il regime fascista,
nel suo intento totalitario, volle inserire questo istituto
nell' Opera Nazionale Balilla.
Chiusa, nel 1933, anche l'esperienza della SPEM, Giulia cercò di
dare vita ad una scuola elementare e a corsi di agraria nelle
campagne di Santa Maria a Vico
(Caserta),
su terreni di proprietà dell'Asilo Carlo van Den Heuvel, finché
questi beni non furono acquisiti dal regime fascista che assegnò gli
ultimi “accolti” all'Albergo dei Poveri. Così fu stroncata
definitivamente questa originale esperienza educativa.
L'analisi
dei principi esplicitamente praticati nell'esperienza della Nave
Asilo "Caracciolo" e riassunti in modo organico e
sistematico nell'intervento di Giulia Civita Franceschi al “Congresso
delle donne napoletane” del giugno 1947, evidenzia la puntuale
corrispondenza tra l'esperienza della “Caracciolo” e l'orizzonte
culturale di quel movimento di rinnovamento che tra la fine
dell'Ottocento e l'inizio del Novecento ha attraversato il dibattito
culturale e pedagogico e le esperienze educative più innovative noto
come "Attivismo pedagogico". Il punto di partenza della
relazione del 1947 è il riconoscimento del valore e della
specificità della età infantile, della centralità della persona
nel processo educativo e della conseguente necessità di
individualizzazione, da cui l'importanza dell'osservazione del
soggetto per comprendere le sue naturali inclinazioni e aiutarlo a
svilupparle. Tale concezione rinvia al principio del puerocentrismo
che, con l'affermazione che il bambino, i suoi bisogni e le sue
capacità sono al centro del processo educativo, costituisce il
motivo “ricorrente” dell'Attivismo. Alla centralità della
persona nel processo formativo che, nell'esperienza della Nave-Asilo
Caracciolo è contemporaneamente un processo di riscatto sociale, si
connette logicamente:
- la concezione olistica dell'individuo come unità psicofisica con la conseguente valorizzazione valore formativo del gioco ai fini della crescita del corpo e dello spirito;
- il principio della disciplina come autodisciplina, cioè come "responsabilità" e "interiorizzazione della norma" che non richiede, pertanto, il ricorso ad un sistema "estrinseco" di premi e castighi: nel “sistema Civita” l'adulto educatore più che dare ordini e comandi, consiglia, aiuta, stimola, svolge una funzione di sostegno e di aiuto nei confronti degli allievi impegnati in un processo che è sostanzialmente di autoeducazione;
- la valorizzazione della dimensione comunitaria: la Nave Asilo costituisce una comunità familiare e formativa nella quale crescere e vivere una vita risanata, nell'affermazione dell'interdipendenza tra educazione morale ed intellettuale.
Questi
principi, in linea con le più avanzate elaborazioni pedagogiche del
tempo, si intrecciano con intuizioni geniali che la più avanzata
ricerca psicopedagogica del Novecento ha successivamente evidenziato
e teorizzato:
- la valorizzazione in termini educativi dell'amicizia tra pari e del rapporto intergenerazionale tra ragazzi di età diverse rinvia ai principi della cosiddetta "peer education";
- l'importanza del rapporto con gli animali (i cagnolini Totò e Frufru della "Caracciolo") per il superamento delle "lacerazioni" affettive subite dai bambini abbandonati e dell'educazione dei sentimenti è stata valorizzata nelle recenti esperienze di "pet therapy";
- l'invito rivolto ai "caracciolini" a raccontare la propria esistenza prima dell'inserimento nella Nave Asilo "Caracciolo", che si traduce nell'elaborazione di testi di tipo autobiografico intitolati "Racconto della mia vita" costituisce una chiara anticipazione dell'utilizzazione della "narrazione autobiografica" come percorso di ricostruzione consapevole della propria identità.
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