sabato 8 febbraio 2020

La storia della nave-asilo Caracciolo e della Montessori del mare.


Nel 1913 Giulia Civita Franceschi assunse la direzione della Nave Asilo "Francesco Caracciolo", una pirocorvetta donatadal Ministero della Marina alla città di Napoli e destinata al recupero dell'infanzia abbandonata. 
La "Caracciolo" fu destinata ad accogliere sia gli orfani dei marittimi sia i fanciulli abbandonati di Napoli comunemente chiamati "scugnizzi". Nell'arco di 15 anni - tra il 1913 e il 1928 – la Nave Asilo accolse circa 750 bambini e ragazzi sottraendoli a una condizione di abbandono e restituendoli a una vita sana, civile e dignitosa. Tutto ciò fu opera soprattutto del genio pedagogico di Giulia Civita, “la Montessori del mare”.


Il corpo insegnante era composto da personale tecnico messo a disposizione dalla Marina e da insegnanti nominati dal Comune di Napoli. 
Giulia Civita Franceschi avviò la sua opera nell'agosto del 1913 e alla fine di dicembre aveva accolto già 51 ragazzi. Nell'aprile del 1921, per sua volontà, fu istituita la SPEM, Scuola Pescatori e Marinaretti, alla quale due anni dopo lo Stato concesse in gestione i laghi Fusaro e Mare Morto. Le attività della SPEM iniziarono, tuttavia, solo nel 1923 a causa dei grossi intralci da parte di privati che precedentemente sfruttavano i laghi senza permesso. Nel 1925 la SPEM si fuse con l'Asilo Carlo van Den Heuvel (istituito grazie al lascito della contessa Anna De Iorio, vedova di Carlo van Den Heuvel) avviando, oltre alle attività legate alla pesca nei laghi, la coltivazione della canna da zucchero, del lino e di piante medicinali. 


Giulia, direttrice del nuovo Ente morale, sperava di poter realizzare un progetto maturato da tempo nella sua mente: l'estensione alle bambine e alle ragazze abbandonate – le “scugnizze” - dell'opera di accoglienza e recupero rivolta fino ad allora esclusivamente ai maschi. Infatti, la SPEM prevedeva la costruzione nella località di Miseno di un edificio destinato alle bambine, ma l'iter per la sua realizzazione, pesantemente ostacolato da interessi privati, ebbe un esito fallimentare.
L'originale esperimento educativo definito "sistema Civita" richiamò l'attenzione e l'ammirazione di studiosi, raccogliendo parole di grande apprezzamento anche da parte di Maria Montessori e di numerosi studiosi italiani e stranieri che visitarono la nave in quegli anni, restando entusiasti dei risultati. All'inizio degli anni Venti una delegazione del governo giapponese visitò la "Caracciolo" per trarne spunti da applicare nella riforma scolastica del proprio Paese. Né mancarono i riconoscimenti ufficiali come la medaglia d'oro ricevuta dal ministro dell'Istruzione Antonino Anile nel 1922 ed altre onorificenze.
Nonostante l'ampio consenso, nel 1928 Franceschi fu estromessa dalla direzione della "Caracciolo": il regime fascista, nel suo intento totalitario, volle inserire questo istituto nell' Opera Nazionale Balilla. Chiusa, nel 1933, anche l'esperienza della SPEM, Giulia cercò di dare vita ad una scuola elementare e a corsi di agraria nelle campagne di Santa Maria a Vico (Caserta), su terreni di proprietà dell'Asilo Carlo van Den Heuvel, finché questi beni non furono acquisiti dal regime fascista che assegnò gli ultimi “accolti” all'Albergo dei Poveri. Così fu stroncata definitivamente questa originale esperienza educativa.


L'analisi dei principi esplicitamente praticati nell'esperienza della Nave Asilo "Caracciolo" e riassunti in modo organico e sistematico nell'intervento di Giulia Civita Franceschi al “Congresso delle donne napoletane” del giugno 1947, evidenzia la puntuale corrispondenza tra l'esperienza della “Caracciolo” e l'orizzonte culturale di quel movimento di rinnovamento che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento ha attraversato il dibattito culturale e pedagogico e le esperienze educative più innovative noto come "Attivismo pedagogico". Il punto di partenza della relazione del 1947 è il riconoscimento del valore e della specificità della età infantile, della centralità della persona nel processo educativo e della conseguente necessità di individualizzazione, da cui l'importanza dell'osservazione del soggetto per comprendere le sue naturali inclinazioni e aiutarlo a svilupparle. Tale concezione rinvia al principio del puerocentrismo che, con l'affermazione che il bambino, i suoi bisogni e le sue capacità sono al centro del processo educativo, costituisce il motivo “ricorrente” dell'Attivismo. Alla centralità della persona nel processo formativo che, nell'esperienza della Nave-Asilo Caracciolo è contemporaneamente un processo di riscatto sociale, si connette logicamente:
  • la concezione olistica dell'individuo come unità psicofisica con la conseguente valorizzazione valore formativo del gioco ai fini della crescita del corpo e dello spirito;
  • il principio della disciplina come autodisciplina, cioè come "responsabilità" e "interiorizzazione della norma" che non richiede, pertanto, il ricorso ad un sistema "estrinseco" di premi e castighi: nel “sistema Civita” l'adulto educatore più che dare ordini e comandi, consiglia, aiuta, stimola, svolge una funzione di sostegno e di aiuto nei confronti degli allievi impegnati in un processo che è sostanzialmente di autoeducazione;
  • la valorizzazione della dimensione comunitaria: la Nave Asilo costituisce una comunità familiare e formativa nella quale crescere e vivere una vita risanata, nell'affermazione dell'interdipendenza tra educazione morale ed intellettuale.
Questi principi, in linea con le più avanzate elaborazioni pedagogiche del tempo, si intrecciano con intuizioni geniali che la più avanzata ricerca psicopedagogica del Novecento ha successivamente evidenziato e teorizzato:
  • la valorizzazione in termini educativi dell'amicizia tra pari e del rapporto intergenerazionale tra ragazzi di età diverse rinvia ai principi della cosiddetta "peer education";
  • l'importanza del rapporto con gli animali (i cagnolini Totò e Frufru della "Caracciolo") per il superamento delle "lacerazioni" affettive subite dai bambini abbandonati e dell'educazione dei sentimenti è stata valorizzata nelle recenti esperienze di "pet therapy";
  • l'invito rivolto ai "caracciolini" a raccontare la propria esistenza prima dell'inserimento nella Nave Asilo "Caracciolo", che si traduce nell'elaborazione di testi di tipo autobiografico intitolati "Racconto della mia vita" costituisce una chiara anticipazione dell'utilizzazione della "narrazione autobiografica" come percorso di ricostruzione consapevole della propria identità.


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